Amatrice: il diario del mio contributo

La notte del terremoto, tra il 23 e il 24 agosto, non riesco a dormire: una tosse stizzosa mi ha tenuto sveglio fino alle 2 e 30 circa. La scossa mi ha fatto saltare dal letto e subito sono andato al cellulare per vedere cosa e dove fosse avvenuta quella che subito ho immaginato come un'altra catastrofe. I ragazzi sul gruppo WhatsApp "Volontari CRI Chieti" hanno iniziato a scrivere chiedendo e fornendo le prime indicazioni. Cercando su internet fino alle 4 nessuna notizia veniva fuori, ma anche in questo caso i social hanno anticipato tutte le agenzie di stampa anche se con dati frammentari.

Torno a letto: sono poco lucido! Ho bisogno di almeno un'altra oretta, ma ancor prima di pensarlo ecco la seconda scossa.

Leggo ancora sui social e vedo che è già pronta una squadra per la prima partenza e decido di recuperare un po' le forze per essere pronto all'indomani.

La CRI di Chieti ha inviato le sue squadre ed è iniziata la turnazione. D'acchito decido di dare la mia disponibilità per i giorni in cui finirà il pathos del primo intervento e servirà garantire presenza nei campi di accoglienza.

Poi insieme ai miei colleghi decidiamo di partire subito per un turno notturno in ambulanza.

Il pomeriggio del 25 agosto, attrezzati come l'esperienza di tanti anni di Croce Rossa ci ha insegnato, partiamo alla volta di Amatrice.

Sappiamo che la situazione è drammatica, ma sappiamo anche che dopo quasi 48 ore è ormai solo il momento di recuperare le vittime ancora sepolte dalle macerie.

Arriviamo ad Amatrice alle 19 e 50 giungendo da nord, dalla Salaria. Veniamo informati che da questo lato è impossibile entrare in paese e soprattutto raggiungere il PMA della Croce Rossa dove sono i colleghi ai quali dare il cambio. Un ragazzo del posto ci consiglia la strada più "veloce" e ci troviamo a percorrere stradine di campagna sterrate consultando di continuo Google Maps. Incrociare auto di Vigili del Fuoco e di altre organizzazioni ci fa ben sperare che siamo sulla via corretta.

Dopo un po' ci troviamo fermi in coda nei pressi del Ponte Tre Occhi (o dello Scoiattolo). Il ponte è fortemente lesionato e le forze dell'ordine ci fanno passare uno alla volta.

Finalmente alle 21 e 20 riusciamo a dare il cambio al turno precedente.

Registratici al Posto di Comando Avanzato della CRI laziale, prendiamo posizione nei pressi dell'area rossa, all'inizio di Corso Umberto I. 

La definizione di "paese raso al suolo" usata dai media non è un eufemismo giornalistico, ma è la mera descrizione della situazione. All'interno dell'area è meglio non entrare: il rischio crolli è forte. Vediamo a circa metà corso, nei pressi del palazzo rosso visto in tante foto, una gru che continua a scavare. Abbiamo l'impressione di una poca o quanto meno diversa organizzazione rispetto a L'Aquila dove, paradossalmente, ogni cosa era al suo posto nella gestione dell'emergenza. Altra cosa che ci dà da pensare è che in quel momento c'è solo quella gru a lavorare: siamo in tanti in stand by e si lavora su un solo cantiere? Ci rispondiamo che probabilmente si saranno fatte le valutazioni del caso e ritenuto che non ci fossero più corpi da recuperare oppure che la sicurezza degli operatori fosse prioritaria.

Di colpo sentiamo di fronte alla chiesa di Sant'Agostino dei gemiti che fanno scattare sia noi che i Vigili del Fuoco: è un cagnolino che piange sulle macerie di quella che era la sua casa.

Preso in braccio e allontanato, l'animale si spaventa e scappa quando numerosi operatori gli si fanno intorno cercando di consolarlo. Pochi minuti dopo è di nuovo nei pressi delle rovine a piangere e a cercare i suoi padroni, i suoi spazi, la sua cuccia, le carezze conosciute. A chi dice che gli animali non hanno sentimenti, avrei fatto guardare quel cagnolino nero negli occhi: la disperazione non era solo visibile, ma ti veniva sparata al cuore. Sembrava chiedesse "cosa sta succedendo? voi chi siete? dove sono i miei padroni? dove sta la mia casa?". Non sono un'animalista integralista, non sono integralista per nessuna causa, cerco sempre di dare equilibrio ai miei pensieri, ma in questo caso quello che scrivo l'ho percepito forte e reale. Lo affidiamo ad un'associazione specializzata.

Alle prime luci dell'alba, facciamo un giro nelle vie per verificare eventuali necessità ed infatti un funzionario dei Vigili del Fuoco ci chiede di metterci pronti per il recupero di una salma.

Alle ore 6 e 28 una scossa ci sorprende vicino alle case all'inizio di Corso Umberto I. E' una delle più forti in questo sciame sismico di ormai circa 5-600 scosse. Magnitudo 4.8, una specie di esplosione seguita dal rumore di nuovi crolli delle pareti già pericolanti. Non nego che lo spirito di sopravvivenza abbia preso il sopravvento e ho iniziato a correre in direzione di una zona sicura tirandomi dietro il mio collega con un occhio alle pietre che cadevano. Lungo Corso Umberto in 3 o 4 punti ci sono stati dei crolli e si sono create nuvole di polvere. Raggiungiamo telefonicamente i tre colleghi che in quel momento non erano vicini a noi, ma si trovavano proprio dove ci sono stati i nuovi crolli. Per fortuna tutto bene.

Intanto è arrivato il cambio. Ripartiamo con un gran vuoto nel cuore per quanto abbiamo visto e per quanto avremmo voluto fare.

Avrei voluto che non fosse stata una bugia la mia risposta positiva alla ingenua domanda di mio figlio di cinque anni: "papà, li hai salvati tutti?".

 

 

 

P.S. non ho volutamente messo post su Facebook. Non ho ritenuto elegante mettere foto e autodecantarsi per essere stato in quei luoghi. Ho preferito raccontare quanto fatto su questo mio piccolo sito perché rimanga nella memoria mia e di chi vorrà leggerlo.

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