Covid-19, le parole dell’esperto: “La diffusione del virus e la percezione del rischio in Italia…”

“L’Italia è oggi il secondo paese al mondo per numero di contagiati da Co-Vi-D 19. Complessivamente al 29 marzo le persone risultate positive al Coronavirus sono 97.689. Una diffusione estremamente alta, che si spera inizi a rallentare quando oramai sono trascorsi già 20 giorni dal Decreto che ha esteso all'intero territorio nazionale le restrizioni in un primo momento imposte solo ad alcune regioni del nord.

Sono allo studio, ma forse è ancora presto per fare questo tipo di analisi, le motivazioni che hanno portato il nostro paese a un numero di contagi così alto, ma proviamo a ipotizzare che numeri così alti siano dovuti a una mancata percezione iniziale del rischio da parte della popolazione.

La percezione del rischio è il modo in cui le persone, esposte a un pericolo, considerino effettivamente possibile che un determinato pericolo possa colpire loro direttamente. Entrano in gioco fattori quali la volontarietà all'esposizione oppure la familiarità con il pericolo, ma anche, per dirla con Mary Douglas che considera il rischio un artificio della società, l’accettabilità sociale. Importante per correggere la percezione è indirizzarla verso una reale presa di coscienza del pericolo, mediante un’informazione precisa, coerente e credibile rivolta alla cittadinanza, che così potrà decidere di adottare comportamenti corretti.

Di fronte al presentarsi di un rischio assolutamente sconosciuto, nella forma che ha colpito il pianeta intero, di cui non si conoscevano i risvolti reali e la portata effettiva, il nostro paese ha oggi risposto in maniera responsabile rispettando con difficoltà, ma con convinzione, le restrizioni imposte.

Nel primo periodo, però, la comunità scientifica e il mondo dei cosiddetti “esperti” non ha permesso alla popolazione di percepire in maniera corretta l’entità del problema, che di lì a poco sarebbe diventato un cratere di dimensione nazionale. I primi proclami degli scienziati – qualcuno ancora oggi rimane di questa opinione – sono andati nella direzione che questo nuovo virus era poco più che una normale influenza e che ci stavamo preoccupando di qualcosa che non avrebbe avuto nessun effetto sul nostro paese. Cito il dott. Roberto Burioni, medico divulgatore, che disse che il rischio per l’Italia era pari a zero, oppure la virologa Maria Rita Gismondo che paragonava i numeri dei decessi da Coronavirus a quelli della influenza stagionale, o il dott. Matteo Bassetti, infettivologo primario del San Martino di Genova, che parlava di allarmismo ingiustificato. Senza dimenticare alcune irrisolte gestioni comunicative su, ad esempio, l’uso massivo delle mascherine, il discorso dei tamponi non fatti per sintomi minori, ma fatti a personaggi dello sport o della televisione addirittura asintomatici.

Di fianco a questi il nostro Governo, il Ministro della Salute Roberto Speranza e il premier Giuseppe Conte, parlava di servizio sanitario nazionale prontissimo a rispondere alla eventuale emergenza, cosa che poi nei fatti, si è dimostrata una verità non corrispondente alla assoluta realtà e, ancora, le decisioni prese a step da parte dell’Esecutivo, hanno posto molti nelle condizioni di non costruirsi una corretta mappa mentale di comportamenti da contestualizzare allo scenario “virus pandemico e potenzialmente mortale”.

“Ecco, tutti questi segnali distorti, informazioni discordanti e contraddittorie, hanno probabilmente avuto l’effetto di far sottostimare il rischio da parte della popolazione, soprattutto in un paese, il nostro, che non ama decisamente quel conformismo sociale e quel rispetto delle regole come può avvenire in altre nazioni. Sarebbe forse stato meglio, magari, essere un po’ più allarmisti e sovrastimare le possibili conseguenze, ma ancor di più sarebbe stato fondamentale fornire una comunicazione coerente tra tutti gli attori del teatro “scientifico-politico-mediatico”, cosicché i cittadini avrebbero immediatamente assunto comportamenti consoni a combattere la diffusione. Questo all'interno dei confini nazionali, ma anche al di fuori di essi, dove ognuno è andato per la sua strada, sparando le più semplicistiche rassicurazioni per poi doversi arrendere all'evidenza dei fatti e senza neanche pensare di trovare una strategia comune per combattere questo nemico invisibile. Sarebbe stato meglio dare indicazioni precise, perentorie e immediate sull'isolamento sociale, permettendo, con solerti provvedimenti, alla stragrande maggioranza della popolazione di rimanere a casa.Gli italiani avrebbero percepito il rischio, come lo hanno inteso più tardi, mettendo in atto quei comportamenti corretti senza perdere tempo prezioso."

 

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