Vaccinazione: obbligo o no?

Il piano vaccinale italiano contro il Covid-19 ha fatto i suoi primi timidi passi verso l’obiettivo dell’immunità di gregge che porterebbe finalmente a vedere la luce fuori dal tunnel. Il 27 dicembre 2020 sarà ricordato come il giorno del vaccination day europeo con i primi volontari, medici e infermieri, sottoposti al vaccino alla luce dei riflettori mediatici.

Sembrerebbe l’inizio della fine e sondaggi alla mano la via presa dal Governo – almeno per il momento – di non obbligare nessuno a vaccinarsi sembra che possa far ottenere i risultati sperati. Infatti, 8 italiani su 10 si dicono favorevoli a sottoporsi alla iniezione del secolo, anche se la maggioranza di loro preferirebbe aspettare qualche mese (fonte Emg-Different/Adnkronos). La copertura del 70-80 % della popolazione vaccinata da raggiungere sarebbe così garantita e non sarebbe necessaria nessuna imposizione, ma qualora ciò non si realizzi l’Esecutivo si troverà di fronte la scelta di dover imporre ai cittadini l’obbligatorietà della prevenzione.

Nella dialettica politica ci sono già profonde spaccature sul tema, tra chi, Conte in primis, preferirebbe appellarsi al senso di responsabilità degli italiani e chi propone di obbligare almeno quelle fasce di popolazione che possono maggiormente entrare in contatto con il virus, quali sanitari e più in generale i dipendenti del pubblico impiego. Attualmente la discussione non si pone nemmeno come prioritaria nell’agenda di Governo, considerato il basso numero di dosi disponibili in Italia e l’alto impatto che potrebbe avere tale decisione anche nell’alimentare le istanze dei no vax, ma la primavera rappresenterà il momento di svolta della battaglia contro il Coronavirus che il nostro Paese, come il mondo intero, sta combattendo a suon di restrizioni, di sacrifici, di morti e, in previsione, anche di forte crisi economico-sociale.

Molte voci, tra cui quella del Primo Ministro, ricordano che l’art. 32 della Costituzione recita che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può esser obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». I costituzionalisti Giovanni Maria Flick dalle pagine di Open e Michele Ainis dall’Huffington Post hanno ricordato che l’obbligo della vaccinazione non è un tema sconosciuto al nostro paese, che fino al 1999 l’Italia aveva quattro vaccini obbligatori, ma dal 2017 il decreto Gentiloni le ha portate a dieci. Un aumento dovuto alla rilevazione di troppi casi di malattie legate alla mancata profilassi fomentata anche da comportamenti dei cittadini votati al disinteresse, all’ignoranza e al prolificare di fake news sulle conseguenze della terapia vaccinale. Anche due sentenze della Corte Costituzionale hanno confermato la possibilità per lo Stato di avocare a sé la possibilità di disporre misure normative cogenti in situazioni di tutela della salute pubblica, assumendosi la responsabilità e l’onere di eventuali risarcimenti per danni conseguenti alle imposizioni di legge. La scelta diventa, pertanto, puramente politica seppur la disposizione, proprio per la delicatezza della materia, deve passare attraverso l’iter parlamentare che approvi una legge ad hoc come previsto dalla nostra Costituzione.

Inoltre, sottolinea il giurista Pietro Ichino sul Corriere della Sera, non solo si può, ma in molti casi è anche previsto come obbligatorio dall’art. 2087 del Codice Civile. La disposizione del Codice recita, infatti, che il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie per garantire l’integrità del lavoratore e l’eventuale rifiuto del dipendente potrebbe configurare la rescissione del rapporto di lavoro, ragionevolmente sulla base della situazione epidemica e della disponibilità di vaccini.

Di contro c’è chi postula, come il Professore di Diritto del Lavoro dell’Università di Pisa Mazzotta Oronzo, che seppur esiste la possibilità di obbligare i lavoratori, questa va contestualizzata al tipo di ambiente lavorativo. In ambito ospedaliero, ad esempio, l’eventuale rifiuto da parte di medici e infermieri alla vaccinazione potrebbe creare situazioni di responsabilità risarcitoria nei confronti di quei pazienti contagiati a causa dell’inadempienza del lavoratore. Mazzotta ritiene che anche l’ipotesi di licenziare il lavoratore in caso di rifiuto non sia così evidente e nemmeno la più corretta reazione da parte del datore di lavoro, in quanto molti vincoli contrattuali, quali la “giusta causa” o il “giustificato motivo soggettivo”, nonché la possibilità di adibire il lavoratore ad altra mansione, ne impedirebbero la sua applicazione.

Oltre all’imposizione normativa, è allo studio in tutti i paesi europei anche un sistema di tipo premiale. Una sorta di lasciapassare, una patente del vaccinato che gli consentirebbe di viaggiare sui mezzi, di frequentare luoghi aperti al pubblico, partecipare a eventi, cose che altrimenti sarebbero precluse.

In sintesi, gli strumenti normativi, esistenti o in fase di studio, sono applicabili soprattutto in questo momento così drammatico per la popolazione mondiale e il richiamo alla necessità di salute pubblica è quanto mai attuale.

 

Appare, però, condivisibile la linea adottata dal Governo di non voler rendere obbligatoria la terapia, augurandosi che questo non vada a scontrarsi con una realtà in cui i timori per il virus siano superati da quelli verso il vaccino. La paura che negli ultimi decenni si è diffusa tra la popolazione, negazionisti e non, è proprio quella dei danni collaterali che possono provocare i vaccini, in maniera particolare per un vaccino nato a distanza di un anno dalla scoperta del virus che si prefigge di annientare. Controindicazioni, reazioni allergiche, intolleranze effettivamente possono esserci, ma alla stregua di tutti gli altri farmaci in vendita che spesso assumiamo senza troppa cognizione di causa e con estrema naturalezza. Se in tempi normali al minimo cenno di mal di testa, al primo starnuto, al più leggero mal di schiena ingurgitiamo una quantità indefinita di farmaci di cui non abbiamo mai aperto il bugiardino, nella situazione attuale potremmo fare lo sforzo di evitare la sovrastima in negativo di un prodotto farmaceutico che potenzialmente metterà al sicuro noi, le nostre famiglie e la comunità tutta.